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27 giugno 1972 arrivo a Sigonella del primo Breguet Br.1150 Atlantic in consegna al 41° Stormo

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22 novembre 2017 ultimo volo dell'Atlantic "The Last One" da Sigonella a Pratica di Mare

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Oltre 45 anni di servizio – oltre 250.000 ore di volo realizzate complessivamente dall’intera flotta di 18 Atlantic – nessun velivolo perso per incidente – record mondiale di permanenza in volo ininterrottamente con 19 ore e 20 minuti senza fare rifornimento (flotta mondiale Atlantic) – sempre presente a tutte le missioni internazionali che si sono svolte nel Mediterraneo nelle quali è stata impegnata l’Italia (Dawn Patrol, Dynamic Manta, Display Determination, Dog Fish, Vento Caldo, Daily Double, Mare Aperto,Tridente, Deterrent Force, Passex, Storm Two, Fleetex, Sharp Guard, Destined Glory, Tapoon) – sempre presente nelle trasvolate oceaniche a supporto degli assetti da combattimento in spostamento verso il nord America, ultima trasvolata il 20 settembre 2016 per assicurare il SAR oceanico al velivolo F-35A durante il volo di trasferimento al Pilot Training Center di Luke in Arizona – C 130 e Atlantic unici velivoli dell’Aeronautica Militare a essere stati al Polo Nord (1997).
Queste sono alcune caratteristiche peculiari di un velivolo che senza tanto clamore e senza mai apparire sotto la luce dei riflettori ha però contribuito a plasmare la storia dell’Aeronautica Militare.
Ricordiamo che l’Atlantic è ancora in servizio solo presso l’Aeronavale francese con una versione denominata ATL.2, in vari periodi del passato ha prestato servizio nelle forze aeree di Germania, Olanda e Pakistan.
Purtroppo con il ritiro dell’Atlantic la nostra forza aerea perde in parte, oltre ad un aereo molto affidabile, la capacità di effettuare missioni ASW (Anti-Submarine Warfare) contro unità navali subacquee di paesi non NATO, ma presenti nel Mediterraneo, in particolare della Russia, Cina e del Nord Africa.
Ricomparsi dopo anni di sostanziale mancanza, in particolar modo dovuta alla disgregazione del patto di Varsavia, e alla conseguente smobilitazione di molte forze armate, nonché la fisiologica carenza di fondi per mantenere efficienti questo tipo mezzi navali. Ora con il ritorno a pieno titolo sulla scena politica ed economica della Russia, e non solo, la presenza dei sottomarini si è rafforzata come effetto/causa dei forti interessi economici che gravitano sull’area mediterranea.
L’Antisom è una missione di fondamentale importanza se si vuole proteggere con efficacia i propri confini nazionali e le principali vie marittime che interessano i nostri mari, e tutelare gli interessi economici dell’Italia.
Il futuro di questa specialità in seno all’Aeronautica Militare è assai incerto, l’ingresso in linea del P-72A, in sostituzione dell’Atlantic, dovrebbe essere una soluzione ad interim in attesa di poter avere un mezzo aereo dedicato di tipo LRMPA (Long Range Maritime Patrol Aircraft).
Questa scelta dovrà tenere conto del fatto che ora gli unici mezzi specifici per questo ruolo di nuova concezione sul mercato sono il P-8A Poisedon, basato sul modello Boeing 737, tra l’altro da poco è stato basato sulla NAS (Naval Air Station) di Sigonella, poi c’è la versione ASW dell’ATR 72TMPA (Turkish Maritime Patrol Aicraft), configurato su specifica per la Marina turca e allestito in Italia da Leonardo a Caselle Torinese – stesso stabilimento di produzione del P-72 –, il Casa C295ASW acquistato da alcune forze aeree in Europa e in Sud America, e per finire il Kawasaki P-1 giapponese, versione aggiornata con motori a reazione e molto simile al P-3 Orion. Il panorama di velivoli dedicati non è molto ampio, esclusi il “Poseidon” e il P-1 giapponese, gli altri progetti possono soddisfare solo in parte le esigenze per un Antisom degno di questo nome, l’Atlantic, che pur obsoleto che fosse soddisfaceva completamente il compito affidatogli.
Considerando che il P-8A e il P-1 sono progetti con un elevato costo, a questo punto è necessario capire se l’industria aerospaziale è in grado di proporre un sostituto più economico e selezionato tra alcuni velivoli di tipo commerciale che possono essere convertiti ad hoc, come per esempio l’ipotesi di Airbus Military con i modelli A319/A320, velivolo molto diffuso e già in servizio con AM nella versione da trasporto VIP (A 319).
Oltre agli aspetti economici è necessario considerare che la scelta di un velivolo Antisom possa svolgere questo ruolo in diversi modi, quello per antonomasia e universalmente conosciuto è svolto da un velivolo che utilizza il MAD (Magnetic Anomaly Detector), le boe acustiche, armamento dedicato e un’autonomia considerevole. Questi sono aerei progettati appositamente, com’è stato per l’Atlantic, o convertiti da aerei già esistenti come il P-3 Orion, basato sulla cellula dell’L 188 Electra, ma comunque specifici e adatti. Altri modelli abbastanza comuni con queste caratteristiche sono l’Ilyushin IL 38, e l’S-3A Viking non più in servizio o il suo predecessore S-2A Tracker, oppure il Nimrod inglese.
Ci sono inoltre quei velivoli che sono stati modificati ad hoc come l’ATR 72ASW e il C295ASW che hanno il MAD, armamento, le boe acustiche e apparecchiature tecnologicamente avanzate come il FLIR (Forward Looking Infra-Red) e altri sistemi, ma peccano per capacità di autonomie rilevanti, e anche per capacità di accogliere un equipaggio numeroso necessario per eseguire lunghe missioni.
Vero anche che la stessa US Navy con il suo P-8A Poseidon ha rinunciato ad avere a bordo il MAD e utilizza principalmente le boe acustiche per rilevare la presenza dei sottomarini.
Per chi non fosse esperto in materia, ricordiamo che il MAD (presente sull’Atlantic) è un rilevatore di anomalie magnetiche, è utilizzato per identificare masse ferromagnetiche presenti nell’acqua, da questo la possibilità di scoprire e identificare i sottomarini, anche le balene sono rilevate dal MAD…….
Un altro sistema per identificare i sottomarini è il Sonar, installato principalmente sulle navi di superficie, può essere aviotrasportato ma solamente dagli elicotteri, perché deve essere calato tramite una fune in acqua, le limitazioni di velocità degli elicotteri penalizzano molto la ricerca, ma non l’identificazione che invece risulta più accurata.
Oltre i sistemi sopra citati c’è poi la categoria di aerei Antisom come il P-72A, alcuni modelli di Casa spagnoli e Falcon francesi, tutti di derivazione commerciale, che possono svolgere il compito esclusivamente utilizzando le boe acustiche e relativi sensori di rilevamento.
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Il 41° Stormo Bombardamento Terrestre (BT) è stato costituito il 17 luglio del 1939 a Reggio Emilia. Dopo aver partecipato alle operazioni belliche nel Mediterraneo e Nord Africa e insignito di due Medaglie d’Argento al Valor Militare, è disciolto nel 1943, poco prima della chiusura il 41° è convertito in Stormo specialità “Intercettore”.
Il 1° ottobre del 1965 è ricostituito sull’Aeroporto di Catania Fontanarossa come 41° Stormo Antisom, alle sue dipendenze sono posti due Gruppi, l’87° Gruppo Autonomo dislocato presso la Base Aerea di Sigonella e l’88° Gruppo Antisom di stanza a Fontanarossa. Entrambi i reparti sono dotati del bimotore Grumman S2F-1 Tracker, velivolo appositamente costruito per il ruolo ASW.
Il 1° maggio del 1971 lo Stormo è intitolato al Capitano Pilota Athos Ammannato, Comandante della 235^ Squadriglia del 60° Gruppo del 41° Stormo BT, caduto in mare il 20 febbraio 1941 al rientro da un’azione di guerra sul Mediterraneo e decorato con la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria.
Con l’inizio dell’era “Atlantic” nel novembre del 1971, l’88° Gruppo viene anch’esso trasferito a Sigonella, base idonea ad accogliere il nuovo velivolo.
Il primo Atlantic atterrava a Sigonella il 27 giugno del 1972.
Il 31 agosto 1978 era posto in posizione “quadro” l’87° Gruppo, nello stesso anno era trasferito da Fontanarossa a Sigonella anche il Comando di Stormo.
Dal 1978 fino al 1° agosto del 2002 il 41° Stormo ha mantenuto sostanzialmente inalterata la sua struttura, da questa data, con la chiusura del 30° Stormo di Cagliari Elmas, lo Stormo eredita il personale e i velivoli diventando l’unico reparto dell’Aeronautica Militare a svolgere il ruolo Antisom a lungo raggio. Il 1° dicembre 2003 è trasformato il Centro Manutenzione (CM) di Stormo in 941° Gruppo Efficienza Aeromobili (GEA) ed è ricostituito l’86° Gruppo con la nuova denominazione Centro Addestramento Equipaggi (CAE).
Il 28 marzo 2007 la Bandiera di Guerra dello Stormo riceve la terza Medaglia d’Argento, dopo quelle del 1940-1941, questa volta per Merito Civile, come riconoscimento per l’incessante opera svolta nel periodo 1990 – 2005 a protezione dei traffici marittimi e per la Ricerca e Soccorso di profughi e naufraghi nell’area mediterranea.
Alla fine del 2013, con la creazione del Comando Aeroporto di Sigonella, il 41° perde tutta la parte amministrativa e logistica che confluisce nel nuovo ente, gli rimane ovviamente la parte operativa con i due Gruppi di Volo e la parte manutentiva con il GEA.
Nel 2015 inizia invece l’iter di acquisizione per il nuovo velivolo P 72A che giunge a Sigonella il 25 novembre 2016.
Il 41° Stormo dipende dall’Ufficio dell’Ispettore dell’Aviazione per la Marina, dipartimento comandato da un Generale dell’Aeronautica, con collegamento tecnico dal Comandante in Capo della Squadra Navale della Marina Militare, questo “status” lo differenzia dagli altri Stormi della forza aerea.
Lo Stormo si distingue anche per essere l’unico reparto dell’Aeronautica ad avere equipaggi misti – Aeronautica Militare e Marina Militare – che volano su aeromobili assegnati ad AM ma gestiti operativamente dalla Marina, ed è un tipico esempio di reparto interforze.
La struttura del 41° è articolata in due Gruppi di Volo, 88° e 86°, GEA, Ufficio Operazioni (gestito da personale della Marina) e Segreteria Comando di Stormo, i servizi amministrativi e tecnico/logistici fanno invece capo al locale Comando Aeroporto.
I compiti assegnati allo Stormo e svolti con il P 72A sono principalmente il Pattugliamento Marittimo e la Ricerca e Soccorso (SAR), secondaria invece l’attività ASW per le motivazioni evidenziate in precedenza. In un prossimo futuro è prevista la possibilità di compiere anche missioni ISTAR-EW (Intelligence, Surveillance, Target Acquistion and Reconnaissance – Electronic Warfare), occorre però attendere l’arrivo del terzo e quarto esemplare del P 72 equipaggiato con la configurazione definitiva per capire quale ventaglio di missioni potranno essere svolte.
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La costruzione di un campo di volo a Sigonella risale alla Seconda Guerra Mondiale.
Un forte sviluppo dell’Aeroporto avviene nei primi anni 50, quando l’US Navy decide di trasferire degli aerei Antisom, prima dislocati sulla Base Aerea di Hal Far nell’isola di Malta, in Sicilia.
Grazie all’appoggio della stessa Alleanza Atlantica (NATO) il 25 giugno del 1957 è firmato un accordo temporaneo di cessione degli spazi necessari per costruire le infrastrutture aeroportuali.
Nel 1958 sono iniziati i lavori per la costruzione dell’area logistica denominata NAF 1, nell’agosto del 1959 anche la parte operativa (NAF II) comincia a essere utilizzata, la base è classificata come “United States Naval Air Facility (NAF) Sigonella”.
Nel 1965 sull’aeroporto militare siciliano, è ricostituito il 41° Stormo A/S (Antisom).
Nel 1980 la base è rinominata dagli americani Naval Air Station (NAS).
L’aeroporto siciliano balza agli onori della cronaca nell’ottobre del 1985 con la crisi diplomatica scaturita tra il Governo italiano e quello degli Stati Uniti per la vicenda terroristica derivata dal dirottamento della nave da crociera Achille Lauro, e l’uccisione di un cittadino americano, da un commando di aderenti al Fronte per la liberazione della Palestina.
Durante il trasferimento dei terroristi dall’Egitto alla Tunisia con un Boeing 737 dell’Egypt Air, l’aereo è fatto atterrare forzatamente a Sigonella da alcuni caccia F 14A della Marina americana, sulla base aerea scaturisce un confronto durissimo tra i VAM (Vigilanza Aeronautica Militare) e i Carabinieri da una parte e i militari americani dei reparti speciali della Delta Force dall’altra; famosissima la scena che evidenzia il cordone di militari dei VAM accerchiati dagli americani e a loro volta accerchiati dai Carabinieri. Lo scontro, per fortuna solo politico, tra Bettino Craxi (Presidente del Consiglio) e Ronald Reagan (Presidente degli USA) si termina con la retrocessione del secondo.
Sigonella sin dalla sua costruzione, soprattutto grazie alla sua posizione strategica, è sempre stata utilizzata come base di appoggio dai vari paesi della NATO per le molteplici operazioni militari che hanno interessato tutta l’area del Mediterraneo e del Nord Africa.
L’aeroporto di Sigonella ospita oltre alla Naval Air Station, e il 41° Stormo, uno dei più grandi depositi del Defense Logistics Agency (DLA) a disposizione della Sesta Flotta americana del Mediterraneo, come reparti di volo ci sono dei distaccamenti che operano a rotazione:
- US Navy con P-8A Poseidon e C-20A e C-26B per trasporto/collegamento
- USAF con MV 22B Osprey e MC 130J per le operazioni speciali, e Aerei a Pilotaggio Remoto (APR) RQ-4 Global Hawk per la ricognizione a lungo raggio.
Altri reparti/enti italiani presenti a Sigonella sono:
- 61° Gruppo Volo dell’Aeronautica Militare, ricostituito il 10 luglio 2017 e dotato di APR MQ1-C Predator
- Squadrone Eliportato Carabinieri Cacciatori “Sicilia”, costituito il 13 maggio 2017che è un’unita speciale dell’Arma dei Carabinieri.
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Alla fine degli anni ‘50 la NATO emana una specifica per un pattugliatore a lungo raggio necessario a sostituire i Lockheed P2V Neptune e Grumman S2F Tracker in servizio presso alcune forze aeree europee.
Ne risulta vincitore il progetto Breguet Br.1150 della “Societé anonyme des ateliers d’aviation Louis Breguet”.
Inizialmente sono molte le nazioni che dimostrano interesse nel progetto, tra queste la Francia, la Germania Ovest, il Belgio, il Canada e la Gran Bretagna.
In seguito il Belgio e il Canada si ritirano dal programma, la Gran Bretagna rimane, pur non essendo interessata ad acquisire il velivolo, ma come fornitrice dei propulsori turboelica Rolls-Royce Tyne.
Il 2 ottobre del 1961 è creato il consorzio multinazionale “Societé d‘Etude et de Construction de Breguet Atlantic” (SECBAT), ne fanno parte le tedesche Dornier e MTU Aero Engines, l’olandese Fokker, le francesi Sud Aviation – Snecma – Ratier, la FN belga e la spagnola Hispano Suiza, questo è uno dei primissimi esempi di collaborazione tra ditte del settore aerospaziale europeo.
L’assemblaggio finale è fatto presso lo stabilimento Breguet di Tolosa.
Il primo volo è svolto il 21 ottobre del 1961e dei quattro prototipi costruiti il secondo rimane distrutto durante un volo sull’Aeroporto di Le Bourget (25 febbraio 1962).
Il quantitativo di velivoli inizialmente previsti consisteva in 20 aerei per la Francia, più altri venti in un secondo ordine, anche la Germania Ovest ne aveva ordinati venti.
Il primo velivolo per la Francia è stato consegnato il 10 dicembre del 1965.
Nel 1968 anche l’Olanda decide di acquistarne nove esemplari. Nello stesso anno con il riavvio della produzione è subentrata anche l’Italia nel consorzio, con un ordine di 18 velivoli. Tutti i velivoli del secondo lotto ordinati da Italia e Olanda sono stati consegnati tra il 1972 e il 1974. I tre velivoli venduti nel 1976 alla Marina del Pakistan sono stati prelevati tra i velivoli dell’Aeronavale francese.
L’Atlantic è un velivolo interamente metallico, caratterizzato da una fusoliera bilobare, un’ala mediana di tipo Cantilever, un impennaggio monoderiva, un carrello triciclo con doppie ruote, i motori sono due turbine della Rolls-Royce.
Per svolgere la funzione di “cacciatori” di sottomarini l’Atlantic è dotato di MAD (Magnetic Anomaly Detector) posto nell’allungamento dietro la deriva, di boe acustiche attive e passive, come armamento è dotato di siluri, ma è dotato anche di battello aviolanciabile per le missioni SAR (Search and Rescue).
Nel corso degli anni l’Atlantic è stato oggetto di alcuni aggiornamenti, in particolare all’avionica, denominato Aggiornamento Limitato Componente Operativa (ALCO), ha previsto l’installazione di un sistema di navigazione inerziale Litton (INS Inertial Navigation System), di Trasponder e sistema GPS, nuovi sistemi di trasmissione Multibanda V/UHF, aggiornamento del radar Iguane, un sistema d’identificazione Identification Friend or Foe (IFF), una nuova suite ESM (Electronic Support Measures) e dei nuovi sensori acustici.
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Missione al Polo NORD………"pronto Michele"!

"Ciao sono il Secco!
Scusa per l'orario ma mi sembrava giusto avvisarti per tempo!
Mi dispiace ma non potrò partecipare al tuo matrimonio!
Il Comandante Ivo Cirasa mi ha chiamato questa mattina, dicendomi che oggi (22 maggio) dovrò partire per il POLO NORD!!"
Inizia così questa avventura che come cronaca racconto!

La carta era gigantesca, racchiudeva tutta la penisola scandinava fino al polo nord; di fronte a me avevo i grandi della sala navigazione: Mario, Gino, Gaetano… (stavano impazzendo ormai da giorni e io li osservavo con infinita stima) ora in quel groviglio di conti, numeri ,carte geografiche, procedure, nominativi, squadre, compassi e spaccati di rotta c'ero anche io!!
Pianificammo tutte le tratte previste e dopo giorni di lavoro fummo pronti per partire.
Era il 22 Maggio del 1997 ed alle ore 03:10 del mattino decollammo per l'aeroporto militare di Roma Ciampino, atterrando un’ora e trentacinque minuti dopo.
Ci attendeva il “Boss”, l'ideatore ed il Comandante della missione sul Polo, il Generale Camporini, Ispettore dell'Aviazione per la Marina.
Ci incontrò in una saletta della zona VIP di fronte al piazzalone dell'aeroporto dove avevamo parcheggiato il nostro "Br.1150", chiamato "06"
Ricevemmo un piccolo briefing meteo (per capire lungo la nostra rotta come sarebbe stato il tempo), mentre sorseggiavamo un buon caffè, e dopo aver fatto i nostri controlli decollammo per Andoya.
Il volo durò 7 ore e 45 minuti ed alle 14:00 dello stesso giorno atterrammo in Norvegia, già nel circolo polare artico.
Ci attendeva il Colonnello Comandante della base di Andoya che dopo averci dato il benvenuto ci portò in una saletta dove mostrandoci tutte le carte di previsione meteo del giorno successivo, ci diede degli ottimi consigli sulla quota di sorvolo della calotta polare .
Consegnai di persona ad un uomo di fiducia del Colonnello norvegese i miei piani di volo per il Polo Nord e dopo aver assistito al briefing sulla sopravvivenza sul Polo tenuto dal mio comandante di Gruppo, il Tenente Colonnello Giulio Bernacchia, il militare norvegese mi consegnò le approvazioni dei piani di volo da parte delle autorità di controllo dello spazio aereo norvegese.
Finalmente in camera! Dopo una bella doccia, una passeggiata per le strade di Andoya e cena, via a letto!!
La mattina seguente appena svegliati ci attendeva una ricca colazione in albergo ed una bellissima notizia: il Prof. Barbieri aveva accettato con gioia di tenere in una sala congressi dell’hotel una conferenza su Umberto Nobile e la sua spedizione sul Polo Nord con il Dirigibile "ITALIA".
Fantastico! Aveva più di 200 diapositive, dalla progettazione del dirigibile (con i racconti degli scontri con il Duce), al viaggio fino alle isole Svalbard; l'hangar ancora presente su queste isole ai giorni nostri è diventato museo dell’epica impresa del volo di Nobile. Arrivarono poi le diapositive della drammatica battaglia per la sopravvivenza sul pack da parte dei sopravvissuti e la mitica e indimenticabile tenda rossa che tutti noi conosciamo.
Raccontò poi che il Generale Nobile non dimenticò mai i dispersi di quella missione.
………Provai per ben due volte, ma le centrali inerziali non riuscivano ad allinearsi, c'era troppo vento al traverso e troppe persone a bordo che camminavano; mi rivolsi al Comandante e gli chiesi se poteva far scendere tutti dal velivolo per provare un altra volta!
Qualche minuto dopo mi ritrovai da solo a bordo a tu per tu con le mie due Litton 72 per un altra procedura di allineamento; il vento sembrava come calmato e lo status delle due centrali inerziali procedeva per il meglio, dopo 13 minuti infatti si accese il ready NAV!
Fantastico! "Tutti a bordo" gridai, senza pensare alle autorità presenti!
"Top, l'imitatrice aperta assorbimento APU, senso di rotazione corretto 2.500 giri ON CARBURANTE, giri e temperatura dei motori in aumento."
Il TEV ed i piloti stavano mettendo in moto i motori del nostro Br.1150 41-06 ed io ed il “maresciallone” Di Sturco inserivamo i punti NAV che avremmo dovuto seguire da lì per le prossime ore.
C'era un gran da fare; i ragazzi della linea, dopo aver dato l'ennesima assistenza da terra, salirono a bordo tirandosi la porta d'accesso al velivolo e dopo un occhiata al TEV chiusero la porta stagna mentre i piloti continuavano con la check list dopo la messa in moto, contatto radio con la torre; via i freni, motori avanti ed ecco che il “grigione” si sposta in avanti rullando fino al punto attesa.
Dopo l'autorizzazione ci mettemmo in allineamento, la torre ci lesse la Clearance per il Polo Nord (era esattamente come da noi richiesta!), i piloti tolsero i freni e, dopo aver portato i motori a 14.500 giri cominciammo la corsa di decollo; erano le 19:20.
Dopo aver effettuato la procedura strumentale di uscita dall'aeroporto di Andoya, neanche a dirlo, mettemmo prua nord salendo su in quota fino a livello di volo 180.
E fin qui, direte, nessun problema…bè non parliamo troppo presto "…..I-0121 non siete, ripeto non siete autorizzati al sorvolo delle isole Svalbard, accostate a destra e dirigetevi al punto …….", eccoli i primi problemi.
Dopo una consultazione di un paio di carte trovammo il punto che era 15 miglia nautiche ad ovest delle isole in questione, Giuffrida inserì le coordinate e ci dirigemmo sul punto lasciando alla nostra destra le magnifiche isole ghiacciate delle Svalbards, eravamo tutti agli oblò (o davanti) per vedere qualcosa ma la nuvolosità non ci permetteva di vedere nulla, mentre i politi ed i NAV lavoravano, Ciccio preparava qualcosa di buono ed il profumino arricchiva l'odore dei 20mq dello 06; mangiammo qualcosa di buono vista l'ora e l'emozione che stava in quei venti metri era impossibile da nascondere!
"…..Comandante venti minuti circa all'arrivo" dissi io "ok. Secco scendiamo!"
"Scendiamo???…" pensai.
Ebbene sì, scendemmo a 150ft, disegnando nell'aria una spirale; sul pack erano le 22:12 ON TOP, e se ricordo bene, eravamo tutti appiccicati agli oblò per vedere cosa non so, ma quello che mi fece capire che eravamo sul polo erano le bussole, giravano in continuazione! Le centrali inerziali giravano anch'esse in continuazione e non riuscivano a segnare le coordinate!
La temperatura esterna era di -6c° e NOI ERAVAMO A 150 PIEDI !!!
IL PACK BIANCO ERA SOTTO DI NOI, raddrizzammo le ali, ci stabilizzammo e alle 22:20 uscì una bandiera italiana, con l'asta in acciaio, con sopra scritti tutti i nomi dei partecipanti alla missione.
Il professore Barbieri lanciò un messaggio che per l'occasione la signora Nobile scrisse in memoria di suo marito e in ricordo dell'epica impresa.
Partì il tappo di una bottiglia e festeggiammo!!
… ore 22:30 Qualcuno disse: "ok torniamo indietro!"
Qualcuno rispose: "e come rientriamo? Le bussole girano in continuazione e le centrali non riescono a dare una posizione certa!!"
"Ok" disse il NAV al tavolo, "manteniamo questa direzione per qualche minuto!"
Il silenzio era assordante, e tutti ci guardavano in attesa della prua prevista per il rientro; qualche minuto dopo il sottoscritto disse: "venga ancora a destra C.te!"
Se fossimo stati sul golfo di Catania qualcuno avrebbe chiesto il perché di quella accostata; lì no, non avvenne, ma tutti mi guardavano!
Misi il punto successivo e la lancetta si spostò indicando di accostare ancora sulla destra, le bussole oramai si stavano fermando e le coordinate erano giuste, forse!
Alle 02:33 sorvolammo il triste punto dove il Generale Nobile impattò con il pack perdendo parte del suo equipaggio e sganciammo una corona di fiori in ricordo dei caduti.
Ancora prua sud per Andoya dove atterrammo il mattino alle ore 06:10 dopo ben 10:50 di volo, stanchi ed un po tristi pensando alle persone che in nome della scienza compirono questa missione perdendo la vita!

1° M.llo RT/OV/IFA Gianni Bartolucci, in servizio al 41° Stormo Antisom di Sigonella

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Può succedere due volte dal Grumman S2F al Breguet Br. 1150 Atlantic

Nisida. Mattino del 20 ottobre 1960.
Inizia l’anno accademico per i neo ammessi Allievi piloti del Corso Vulcano II.
Pochi giorni dedicati alla rasatura dei capelli, alla vestizione, alle prime fondamentali regole della disciplina militare, il cubo, i giri di corsa intorno al campo sportivo, le prime lezioni del biennio di ingegneria.
Colucci, Cennamo, Dedò, tutti nomi di famosi personaggi che hanno contribuito a formare culturalmente, intere generazioni di Ufficiali, i vertici dell’Aeronautica Militare.
Non avrei mai immaginato che l’Analisi Matematica ed in particolare il “calcolo delle probabilità”, a cui l’esimio Professore Colucci, per la nostra scarsa attenzione, dovette dedicare più tempo del necessario, avrebbe avuto riscontro in due particolari momenti della mia carriera aviatoria nella specialità “Caccia Antisommergibili”.
Senza scomodare il lettore con teorie e formule di accademica memoria, diciamo semplicemente che due specifici eventi hanno matematicamente scarse probabilità che si ripetano nel tempo con le stesse modalità.
Ebbene, a chi scrive, sconvolgendo tutte le previsioni scientifiche, il fenomeno si è verificato esattamente in identiche occasioni che vado a descrivere.
Catania-Fontanarossa, 88° Gruppo Antisom, gennaio 1966.
Al Tenente Catalano, neo assegnato al Gruppo e neo patentato Combat Ready sul velivolo di linea Grumman S2F Tracker, venne ordinata una missione di sorveglianza antisom nel Canale di Sicilia.
Si trattava di un volo operativo “reale”, cioè alla ricerca effettiva di unità nemiche, nel caso specifico sommergibile sovietico, che fu scovato dopo oltre tre ore di volo.
Scoperto al radar, dopo un’ora di tracciamento con il MAD (Magnetic Anomaly Detector) e con un tappeto di boe sonore, ai limiti dell’autonomia on task, fu “consegnato” ad un Neptune della US Navy decollato da Sigonella.
Nonostante l’indubbio colpo di fortuna per averlo sorpreso con il radar, perché è raro, quasi un suicidio, che di giorno un sommergibile navighi al periscopio o allo snorkel, l’Alto Comando che aveva ordinato la missione, attribuì al mio equipaggio il “Bravo Zulu” che nella terminologia operativa significa “10 e lode”.
Sigonella, 88° Gruppo Antisom ottobre 1973.
Per i Reparti Antisom dell’Aeronautica Militare è appena iniziata una vera e propria rivoluzione sia per il notevole salto di tecnologia sia per la nuova filosofia di impiego con l’arrivo del nuovo velivolo, il Breguet Br.1150 Atlantic.
Da un impiego a corto raggio si passa al lungo raggio, da tattico a strategico.
Con il nuovo mezzo l’88° Gruppo, ed il 41° Stormo del quale fa parte, assume una nuova dimensione costituendo una forza moderna e di grande potenza operativa.
Il salto di qualità tra l’S2F e l’Atlantic, è paragonabile a quello vissuto dai miei colleghi quando transitarono dall’F-84 e similari, allo F-104 Starfighter.
Salto non di una generazione, cronologico, sequenziale, ma abissale, per le nuove tecnologie costruttive, l’elettronica ultimo grido, la differente tecnica di pilotaggio nonché il conseguente concetto d’impiego del sistema d’arma.
In attesa dell’inizio ufficiale dell’attività operativa, stabilito per il 1° gennaio 1974, Maristat decise di assegnare gradualmente missioni di sorveglianza, sia per non lasciare inattivi operativamente gli equipaggi appena qualificati Combat Ready, sia per la particolare situazione geopolitica internazionale in evoluzione nel citato periodo.
Per il Ten.Col. Catalano si ripete, con le stesse modalità, con gli stessi esiti, quanto avvenuto sette anni prima.
Anche questa volta, fui comandato ad effettuare un volo operativo reale da neo Combat Ready, su un nuovo velivolo, l’Atlantic e, di nuovo all’88° Gruppo, dopo vari anni di attività operativa ed istruzionale all’87° Gruppo con gli S2F.
Decollo alle 18:00 da Sigonella, Secondo Pilota CC Cuzzola, ricerca e tracciamento di un sommergibile sovietico, non appartenente al gruppo stanziale in Mediterraneo, probabilmente in navigazione tra le coste nordafricane e la Spagna: previsto atterraggio alle 06:00 del giorno dopo.
Poco dopo il decollo, già un primo fatto insolito che costituì per tutto l’equipaggio motivo di ilarità. Roma Controllo, con tono di sufficienza, ci chiese ripetute volte di verificare, o meglio, di rettificare, lo stimato di rientro in quanto, per loro, non era possibile che un velivolo AM prevedesse l’atterraggio dopo dodici ore di volo!
Alla nostra conferma, corredata da un sintetico briefing sulle caratteristiche tecniche e di volo dell’Atlantic, seguì un cauto ed ossequioso “Roger, richiamare lasciando la zona di operazioni”.
Zona di operazioni che andava da ovest Sardegna fino a Gibilterra.
Primo vero volo operativo a carattere strategico, eccitazione al massimo, controlli e procedure effettuati con la particolare attenzione ed emozione, tipiche dei neofiti (si fa per dire, avevo alle spalle oltre 3.000 ore di S2F!).
In ogni Stretto si verifica sempre una concentrazione di traffico, ma mai avrei immaginato di assistere all’ordinato transito di tante navi, dalle superpetroliere ai pescherecci alle barche private, come avvenne quella notte a Gibilterra!
Di conseguenza, dovemmo investigare, in particolare al calare delle tenebre, una miriade di bersagli volando costantemente intorno ai 1.500 piedi per poi scendere, nella fase finale, a 100 piedi di giorno e 300 di notte, come da norma.
Mentre i miei occhi e quelli del CC Cuzzola scrutavano la superficie del mare, secondo una particolare tecnica che evita l’insorgere dell’ipnosi, quelli degli Operatori Elettronici erano incollati sugli schermi del radar, delle ESM, per captare il minimo segnale tipico di un sommergibile.
Non ricordo esattamente quante corse d’attacco effettuammo “a tutta canna”, ma varie volte capitammo nei pressi di un magnifico motoveliero che, navigando a luci spente, ci forniva un segnale atipico, simile a quello di una struttura di sommergibile tipo periscopio o snorkel.
La delusione contribuì ad aumentare sempre più la nostra invidia nei riguardi degli occupanti della bella “barca” e, per reazione, a non essere affatto condizionati nell’impiegare le dispendiose boe sonore.
Intanto le ore passavano, senza che ne avvertissimo il peso. La grinta, contagiosa, ci teneva svegli certamente più di quella brodaglia calda che un Operatore di buone intenzioni ci spacciava per caffè.
Erano le tre di notte e il mio fiuto mi diceva che quella barca nascondeva qualcosa.
Pensai a quante volte scoprimmo sommergibili sovietici che navigavano in formazione (con gradino negativo!) sotto navi mercantili di varie bandiere, perché il rumore dei motori e di cavitazione delle eliche del sommergibile fosse coperto da quello più forte del mercantile.
“Umberto, io un paio di boe le lancio. Male che vada a fine mese facciamo una colletta per ripagarle alla Marina! Sei d’accordo?”
“D’accordo” fu senza esitazioni la risposta che comunque ero certo di avere.
Nuova corsa di attacco, 300 piedi, 250 nodi, on top radar su un piccolo bersaglio quasi coincidente con la “barca”, fuori le boe 1 e 3. Il tempo di sintonizzarsi sulle frequenze prima della boa 1 e poi della 3 e improvvisamente un grido di vittoria, di liberazione, di gioia, perché il suono che ci veniva trasmesso alternativamente dalle due boe, era più eccitante e travolgente della marcia trionfale dell’Aida!
Si trattava infatti di tipico rumore di eliche di sommergibile, azionate da motori elettrici.
Era quello che da ore cercavamo e che non potevamo farci sfuggire!
In quel momento si scatenò tutta l’adrenalina che avevamo accumulato nella fase di ricerca, peculiarità caratteriale e quindi professionale di noi piloti antisom.
Calma ed autocontrollo per ore, senza farsi prendere dall’entusiasmo di un primo, singolo sospetto, e quindi dall’impulsività, per non tradire la nostra presenza, ma poi, al momento opportuno, tirare fuori le unghie e avventarsi sulla preda con lucidità e determinazione.
Mi piace ricordare, infatti, che la caccia antisom si riconduce alla lotta tra due intelligenze: quella del Comandante del sommergibile, che conosce perfettamente le mie tattiche e le capacità tecniche degli apparati del velivolo, contro quella del Comandante del velivolo che, analogamente, sa interpretare e prevedere tutte le manovre evasive ed elusive che possono essere messe in atto dall’avversario.
Pertanto, oltre al solito provvidenziale intervento della dea bendata, talvolta è l’esperienza che fa la differenza, perché, la personale interpretazione di alcuni fenomeni, porta ad assumere decisioni non standardizzate ed eseguire vere e proprie variazioni sul tema, soprattutto allo scopo di essere imprevedibili. L’applicazione rigorosa delle tattiche garantisce sì certi risultati, ma non ha mai partorito particolari successi.
Tornando a quella notte, quella prima notte a caccia del vecchio nemico, con il nuovo velivolo, mettemmo in pratica tutta la nostra robusta esperienza, fatta di migliaia di ore di volo sul mare, in maggioranza notturne, nonché il prezioso addestramento ricevuto dagli istruttori francesi durante il lungo periodo trascorso sulla base dell’Aeronavale a Nimes, in Provenza.
In particolare provammo il gusto della primizia che ci fornì il Jezebel, una nuova apparecchiatura, che non avevamo sull’S2F, che fornisce la “firma” di un sommergibile cioè le sue “impronte digitali”: avevamo scoperto un sommergibile sovietico “Classe J”, di quelli cioè che “fanno male”!
Tuttavia, nonostante le diciannove tonnellate di carburante che l’Atlantic può imbarcare e che gli consentirebbero teoricamente di restare in volo per diciannove ore, il nostro periodo on task stava per esaurirsi e stavamo iniziando a pensare al rientro, quando l’Operatore radio mi informò di aver ricevuto un messaggio cifrato con il quale l’Alto Comando comunicava che “l’americano” sarebbe giunto in zona a rilevare il sommergibile con due ore di ritardo per problemi tecnici.
“Umberto, quanto carburante abbiamo?”
“Sei tonnellate”.
“Allora comunica al Capo che resteremo on task a tracciare il sub ancora due ore, in attesa dell’”americano”.
Passammo quindi dalla notte fonda con un cielo stracarico di stelle, all’aurora e all’alba, a suon di “madman” (contatti certi al MAD ), “ascolta la cinque e bombardo la sette” (sistema Julie che consiste nel determinare la posizione del sommergibile sfruttando il principio della propagazione del suono in acqua partendo da un punto certo, una boa passiva, su cui si lancia una carica esplosiva. Il tempo che intercorre tra l’esplosione e l’eco del bersaglio, fornisce una circonferenza, luogo di punti su cui si trova il battello. Bombardando più boe, si ottengono più cerchi intersecanti che risolvono l’ambiguità e quindi il punto esatto) ma soprattutto a gustarci la grande novità del Jezebel.
Sette anni prima, in analoga situazione, dirigevo un quartetto affiatato. Ora dirigevo una grande orchestra di tredici professori. Mi sentii tanto Von Karajan!
Ed è in questa semplice, forse vanesia, considerazione racchiusa quella diversità a cui accennavo precedentemente quando cercavo di spiegare il salto di qualità di cui furono protagonisti gli equipaggi che transitarono dal vecchio, glorioso S2F all’Atlantic.
Atterrammo a Sigonella alle 08:00.
Quattordici ore di volo operativo reale. Un record ancora imbattuto.
E soprattutto, anche questa prima volta, dall’Alto Comando, “Bravo Zulu”!
Ma, come ogni essere umano, anche i velivoli hanno una nascita ed una fine.
Anche loro sono soggetti ad una vita “calendariale”.
L’Atlantic, sia per la nota robustezza fisica sia per le attenzioni e le cure che gli uomini, equipaggi e tecnici, gli dedicano, ha sempre goduto ottima salute!
Tuttavia, quaranta anni per un velivolo corrispondono a circa ottanta dell’uomo e, la celebrazione del 40° Anniversario dell’arrivo del primo esemplare in Italia, a Sigonella, è stato sì un evento carico di emotività in particolare per noi “decani”, ma anche un segnale forte che l’Atlantic sta concludendo la sua brillante carriera nei Reparti Antisom dell’Aeronautica.
E allora, cara “Astronave”, grazie per le emozioni che ci hai regalato, grazie per la tua fedeltà, grazie per la stimolante compagnia, grazie per averci sempre riportati a casa!

Generale Francesco Catalano, in congedo e già Comandante del 41° Stormo Antisom di Sigonella

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Tipica missione Antisom

Per una tipica missione anti sommergibile, l’equipaggio si riunisce presso il BOC (centro operativo di base) 2h30m prima dello stimato di decollo, viene letta la messaggistica d’interesse e presentato il piano di volo.
2h00m prima ETD, briefing di carattere operativo da parte del TACCO (coordinatore tattico), sulle tattiche da adottare per la ricerca, acquisizione, attacco e/o mantenimento del sub, a seguire briefing del Comandante del velivolo su tutti gli aspetti specifici della missione rimarcando in particolar modo quelli inerenti la SV.
1h prima ETD, operazioni d’imbarco.
45m prima ETD inizio check-list pre-decollo.
Le caratteristiche dell’area assegnata, le condizioni meteo sulla zona e l’ipotetico comportamento del bersaglio desunto dalle informazioni “intelligence” e dalle specifiche peculiarità tecniche (i convenzionali necessitano di emergere per ricaricare le batterie tramite i diesel ma una volta immersi diventano silenziosissimi grazie ai motori elettrici, i nucleari transitando subacquei sono praticamente invisibili ma nettamente più rumorosi sott’acqua), ci permette di sviluppare tecniche di caccia A/S che si possono semplificare in bassa quota 1000/2000 ft, 180kts, parsimonioso e asistematico utilizzo del radar (aumenta il fattore sorpresa e di conseguenza la probabilità di scoperta), utilizzo boe d’ascolto passive nel caso di battelli convenzionali.
Per i nucleari si predilige l’utilizzo delle passive, ascoltate da 5000 ft per ampliarne la portata d’ascolto, unite alla ricerca radar circolare continua presupponendo una esposizione radarabile pressoché nulla, dovuta al transito subacqueo.
La preparazione all’attacco è comune ad entrambi i target, posizionamento bersaglio sul tavolo di attacco, radar in st/by, discesa a 300ft, speed 250kts, sotto le sei miglia radar on per affinare il contatto e se ancora emerso apertura vano bombe e lettura check-list attacco.
Anche la fase di mantenimento è comune con l’utilizzo di boe attive(impulso sonar che si traduce in direzione e distanza) lanciate in cerchi concentrici (2k, 4k, 6k yards) intorno al battello in immersione e a dirimere eventuali dubbi di posizione si passa a 100ft, 180kts, ali livellate sullo specchio d’acqua di interesse con un occhio sul MAD (rilevatore di anomalie magnetiche originate dai metalli ferrosi), il dito pronto a marcare la posizione d’attacco con un segnalatore fumo luce ed il TEV (tecnico di volo) in attesa dell’ordine da parte del Comandante per sganciare una “bombetta” di segnalazione acustica dal lanciatore posto dietro ad avvisare il “nemico” che stavolta si è giocato ma dal vero non avrebbero avuto scampo.
La bravura dell’equipaggio o per meglio specificare del team funzionale composto da vedette, operatori alle boe, operatori al tavolo d’attacco, operatore radar, addetti allo sgancio, coordinati dal TACCO e diretti dal Comandante sta nella sincronia delle azioni da svolgere e nella capacità di saperle adattare al mutare degli eventi con l’unico obiettivo comune a tutti i “cacciatori” di portare a casa la selvaggina, ed per questo che alla domanda se abbiamo avuto fortuna da parte del “cacciatore” che ci sostituisce sulla scena d’azione (what a luck?) si risponde con orgoglio wolf! (parola procedurale per indicare il sommergibile).
Riflessioni sulle capacità/criticità delle singole strumentazioni di bordo:
la qualità dei sensori di bordo, la bontà progettuale e la straordinaria affidabilità del velivolo ci ha sempre permesso di ben figurare durante le esercitazioni NATO con vettori paritetici, ragion per cui anche se nello specifico le prestazioni di un singolo sensore sembravano deficitarie, nell’insieme i risultati ottenuti erano paritari e spesso superiori. Tuttavia nonostante i programmi di ammodernamento dei sensori di ricerca (radar, ESM, boe sonore) e sempre stato più arduo correre al passo con i tempi dello sviluppo tecnologico che ha partorito sommergibili sempre meno radarabili con grandi autonomie subacquee e vieppiù silenziosi che unito alla fine della guerra fredda ha deviato l’impiego dell’Atlantic da prettamente antisom verso il pattugliamento, ricerca e soccorso, protezione dei mari, controllo flussi migratori, facendo ancora valere a tutt’oggi sia l’addestramento degli equipaggi che la bontà delle apparecchiature di ricerca.

Primo Luogotenente Giuseppe Fiore, Presidente dei Sottufficiali del 41° Stormo Antisom di Sigonella.

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Un Natale non come tutti gli altri

Una delle tante vigilie di natale, ore 20:00, tutto pronto per festeggiare la Notte Santa, gustare una ricca cena e scartare i regali con i miei familiari.
Uno squillo di telefono interrompe questa magica atmosfera; si tratta di una comunicazione del BOC di Sigonella: “alle ore 3 in base per un soccorso ad un peschereccio di cui non si hanno notizie da più di 24 ore”.
Finisco di corsa di mangiare, mi vesto e mi precipito a mettere in moto la mia auto per raggiungere l'aeroporto, naturalmente un pò angosciato ma ansioso di poter prestare soccorso, aiutare e portare a termine con l’auspicato risultato positivo la missione.
Giunto in aeroporto il capo equipaggio mi chiede di controllare il carburante, i battelloni e tutto il resto. Insomma, l’efficienza del velivolo Atlantic poiché l’area da perlustrare è talmente ampia - come ha comunicato il navigatore - da prevedere una missione lunga ed impegnativa.
Tutto l’equipaggio è pronto e solerte, così saliamo sul velivolo pieni di speranza e fiducia dimenticando famiglie e stanchezza.
Dopo otto ore di volo sul mare, finalmente, viene avvistato un peschereccio dislocato su un fianco con alcune persone aggrappate all’albero dell'imbarcazione, altri distesi prive di forza quasi senza vita. Alla vista dell'Atlantic (il “padre di famiglia”, così com'è chiamato da noi) tutti, come se avessero visto improvvisamente la strada nella salvezza cercano in tutti i modi possibili di fare segnali per chiedere aiuto. E' così infatti.
Nelle ore successive il lancio della famigerata catena SAR e monitoraggio degli sfortunati in balia delle onde del mare fino all'arrivo dei soccorsi via mare.
Dal decollo sono passate 11 ore e naturalmente anche il giorno di Natale è prossimo alla fine, ma nonostante ciò la consapevolezza di aver salvato vite umane ci rende felici, fieri e orgogliosi di aver festeggiato il giorno del Santo Natale nel migliore dei modi.
Anche questo è il Natale.

Primo Luogotenente Pietro Lombardo, in servizio al 41° Stormo Antisom di Sigonella

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I racconti di missioni operative o di soccorsi reali sono quelli che molte volte colpiscono al cuore il lettore facendogli rivivere quei momenti, nei quali l’adrenalina scorre a fiumi e si placa solo dopo aver avuto conferma di aver scoperto un sommergibile nemico o aver salvato delle vite umane, che per ore sono state aggrappate ad un pezzo di legno in mare aperto a temperature proibitive.
Poi ci sono quelle storie che raccontano come un padre e un figlio possano lavorare in un reparto storico come il 41° Stormo e tramandarsi il ruolo e l’appartenenza, questo è il caso del Maresciallo Scelto di 1^ Classe Salvatore Reitano e del figlio Riccardo, Primo Luogotenente.

 

Incontri inaspettati

Era un bel pomeriggio di tanti anni fa, non ricordo il numero del velivolo e nemmeno la composizione dell’equipaggio ed eravamo andati in volo per svolgere una missione di una delle esercitazioni Nato.
Avevamo trovato e tracciato il sommergibile che fingeva di essere il nostro nemico e proprio al momento di sorvolare la sua posizione e fare l’on top dello stesso, vidi lo snorkel di un altro sommergibile.
Lo comunicai al Capo equipaggio che diresse il velivolo sopra il nuovo ed inaspettato contatto marcando la posizione con un fumogeno.
Il Sommergibile intruso velocemente scomparve sott’acqua, mentre noi autorizzati dal Comando Operativo a lasciare l’esercitazione e a cercare di tracciare l’intruso, proseguivamo con la caccia dello stesso con tutti i sensori disponibili.
L’intruso, vistosi scoperto, attuava tutte le procedure per la fuga e per non farsi scovare nuovamente e nonostante il nostro tempestivo intervento, lo perdemmo.
Il sommergibile intruso, che stava assistendo in silenzio e nascosto alla nostra esercitazione, non era uno dei nostri previsti partecipanti alla stessa, bensì un sommergibile non dei paesi dell’Alleanza Atlantica.

Maresciallo 1^ Classe Scelto Salvatore Reitano, in quiescenza e già in servizio al 41° Stormo Antisom di Sigonella

Una missione indimenticabile con l’Atlantic

Eravamo stati taskati dal Comando operativo per volare una missione di sorveglianza sul mar Mediterraneo, una delle nostre missioni di routine che prevedeva il pattugliamento di un’area assegnata, impiegando tutti i sensori e gli apparati del velivolo includendo ovviamente alche il sensore ottico cioè le vedette.
La missione si svolgeva regolarmente acquisendo bersagli di superficie, imbarcazioni di vario tipo, identificandole e tracciandone la rotta in modo sistematico e preciso, come di consuetudine.
Dopo circa sei ore di pattugliamento, l’operatore al radar segnalava un contatto radar debole, presumibilmente un contatto molto piccolo che generalmente poteva essere associato ad uno snorkel di sommergibile o ad una piccolissima barca a vela o ad un segnale da pesca.
Il Capo equipaggio, su suggerimento del Coordinatore tattico iniziava a dirigere il velivolo seguendo le indicazioni del radarista e dell’operatore al tavolo di ricerca, il bersaglio era evanescente, molto debole, ma il radarista riusciva a captarne l’eco e a dare le indicazioni di prua da mantenere per la sua intercettazione.
Il mare era leggermente mosso ed essendo quasi all’imbrunire la visibilità era alquanto ridotta, il pilota si portava alla quota e alla velocità prevista per l’avvistamento, io seduto nella postazione di vedetta anteriore scrutavo il mare che scorreva velocemente sotto di me e cercavo di concentrare la mia vista sulla posizione del bersaglio che oramai era a meno di due miglia dal velivolo.
Non riuscivo a vedere nessun bersaglio di superficie durante la corsa di avvicinamento e quando oramai “on top” del bersaglio, intravidi un qualcosa di piccolo e di colore scuro, marcai la posizione con un fumogeno MK7 e chiesi al Capo equipaggio di ritornare sul bersaglio. Avevo avuto l’impressione di aver visto un uomo galleggiare a mare su qualcosa di molto piccolo, ma non ne avevo la certezza.
Il pilota eseguiva una virata per tornare sul bersaglio, il fumogeno si era acceso e indicava con una accettabile precisione, il punto dove avevo visto quel qualcosa di anomalo, mentre il radar non riusciva più a battere il bersaglio.
Prossimi all’on top, ma con una angolazione diversa dal precedente passaggio e forse con una condizione di luce migliore, vidi non una persona ma bensì due, due naufraghi aggrappati ad un pezzo di legno galleggiante alla deriva ed immediatamente informai l’equipaggio dell’avvistamento che prontamente si predispose per la procedura di sgancio del battellone SAR.
Fu un susseguirsi ordinato e preciso di comunicazioni con gli enti operativi e di preparazione alla procedura di sgancio, mentre io cercavo di non perdere di vista il fumogeno ed i due naufraghi.
Effettuammo il passaggio per calcolare il vento e determinare il punto previsto per lo sgancio del SAR KIT che avveniva regolarmente al passaggio successivo con una precisione quasi millimetrica.
La cosa che sembrò subito strana fu che nessuno dei due naufraghi, avvinghiati a quel pezzo di legno che altro non era che una porzione della poppa della loro imbarcazione inabissata, si mosse per raggiungere la zattera di salvataggio pluriposto che stazionava vicinissimo alla loro posizione e ciò non faceva ben sperare per le sorti delle due povere persone, non sapevamo se erano ancora vivi, svenuti o magari morti. Nessun cenno veniva da loro e la preoccupazione a bordo saliva mentre nel frattempo una nave mercantile, la più vicina alla posizione veniva contattata dal velivolo e dirottata per prestare immediato soccorso.
Volammo per altre due ore circa, sorvolando la zona e coordinando la macchina del soccorso che oramai era in moto, fino a quando la nave mercantile portò a bordo i due naufraghi che circa mezz’ora dopo furono recuperati da un elicottero dell’Aeronautica Militare decollato da Malta e portati presso il centro ospedaliero dell’isola.
Avevamo raggiunto il nostro PLE, e quindi dirigemmo verso la base sperando che le due persone fossero in stato di salute non critico ed appena atterrati e giunti presso la sala operativa di reparto per il de-briefing della missione, ci fu comunicato che i due naufraghi erano fisicamente ed emotivamente provati ed in stato di ipotermia avanzata, ma vivi.
Fu la notizia che ognuno di noi avrebbe voluto sentire e ci abbracciammo tutti in preda alla commozione, eravamo stanchi ma avevamo raggiunto l’obiettivo più importante del nostro lavoro di equipaggi di volo dell’Aeronautica e della Marina Militare, aver salvato vite umane.
La preparazione e l’addestramento, il rispetto dei ruoli a bordo, la nostra determinazione ed una dose di fortuna, avevano permesso al nostro equipaggio di fare la differenza tra la vita e la morte, ed essere sempre più orgogliosi del nostro lavoro e del servizio incondizionato che siamo chiamati a svolgere per la nostra patria.
Non dimenticherò mai quel giorno e quella missione volata con il nostro “padre di famiglia” il mitico Breguet Br.1150 Atlantic.
P.S.: I due sopravvissuti ci ringraziarono e ci fecero sapere che loro non avevano più le forze per lasciare quel pezzo di legno e salire sulla zattera di salvataggio né tantomeno di fare gesti di segnalazione, ma non dimenticheranno mai quel sibilo fraterno dei motori dell’Atlantic che dal nulla li ha accarezzati, sorvolati e salvati.

Primo Luogotenente Riccardo Reitano, in servizio al 41° Stormo Antisom di Sigonella

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L'autore desidera ringraziare il Col. Francesco Frare, il 1° Maresciallo Carmelo Savoca e tutto il personale del 41° Stormo 
Un particolare ringraziamento al Col. Urbano Floreani, al Col. Davide Cipelletti, al Magg. Michele Seri
e al Magg. Stefano Testa (UCOM SMA Roma)  
Foto e testo di Giorgio Ciarini 
Novembre 2017 

 English translation by Fabio Castelvetri

- More than 45 years of service;
- 250.000+ total flight hours flown by the 18-aircraft Atlantic fleet;
- no aircraft lost in accidents;
- world endurance record with 19 hours and 20 minutes non-stop without refueling (worldwide Atlantic fleet);
- took part in all international missions within the Mediterranean where Italy participated (Dawn Patrol, Dynamic Manta, Display Determination, Dog Fish, Vento Caldo, Daily Double, Mare Aperto, Tridente, Deterrent Force, Passex, Storm Two, Fleetex, Sharp Guard, Destined Glory, Tapoon);
- always on duty during the transatlantic ferry missions of AMI fighter assets to North America, lastly providing oceanic SAR to the first AMI F-35A crossing the Atlantic enroute to the Pilot Training Center in Luke, Arizona;
- together with the C-130, the only AM type to reach the North Pole (1997).

These are just a few of the accomplishments of an aircraft that despite its low profile and its discreet operations has nevertheless made Aeronautica Militare history.
While the French Aéronavale is the last operator of the Atlantic, with the ATL.2 version currently in use, past operators were also the Air Forces of Germany, the Netherlands and Pakistan.
The retirement of the Atlantic, a very reliable aircraft in its own right, marks the loss for the Italian AF of the critical ASW (Anti-Submarine Warfare) capability, at a time of increased presence in the Mediterranean of non-NATO submarines, markedly from Russia, China and North African countries.
After a few years of absence, mostly due to the fall of the Warsaw Pact and the following disbanding of many former Warpact armed forces with the related cutback in maintenance funding, the current political and economic resurgence of Russia and other countries has triggered a sharp increase in the number of submarine vessels in the Mediterranean, as a consequence of the economic importance of that area.
Within the frame of National defense, ASW is a key mission tasked with protecting our national borders and to safeguard the sea lanes in our Zone of Economic Interest.
Yet its future within Aeronautica Militare is now uncertain, as the P-72A appears to be an interim, stopgap solution, until a bona-fide LRMPA (Long Range Maritime Patrol Aircraft) is selected and procured.
Currently, the only modern aircraft specifically designed for this role are:
the P-8A Poseidon, a Boeing 737 derivative, that has recently been deployed at NAS (Naval Air Station) Sigonella near Catania;
the ATR-72 TMPA (Turkish Maritime Patrol Aircraft), a dedicated ASW version developed by Leonard after a Turkish Navy requirement and manufactured at the same Caselle Torinese plant where the P-72 is rolled out;
the CASA C295 ASW, now in service with a few Air Forces in Europe and South America;
and the Japanese Kawasaki P-1, the 4-turbofan substitute of the P-3 Orion.
Excluding the Poseidon and the P-1, the only purpose-built designs, the other competitors fulfill the ASW mission only partially, while the now obsolete Atlantic delivered on all requirements.
Considering the steep price tag associated with the P-8A and the P-1, it is now time for the European aerospace companies to demonstrate that they can develop a cheaper option, ideally as a dedicated version of an existing commercial aircraft, as Airbus Military has proposed with its popular A319/A320 twin, already in service with the AMI in the VIP-transport role (A319).
Aside from cost, other key features differentiate ASW aircraft, such as detection methods, weapons and range.
Purpose-built ASW aircraft typically feature a MAD (Magnetic Anomaly Detector) boom and sonobuoys, employ dedicated weapons and enjoy a long patrol range.
These aircraft are either designed specifically for the task, as was the case for the Atlantic, or converted from existing designs, like the P-3 Orion, based on the P-188 Electra, that offer all the required features.
Older such types were the Ilyushin IL-38, the S-3A Viking and its forerunner the S-2A Tracker, or the British Nimrod.
Aircraft such as the ATR 72 ASW and the C295 ASW were modified for the purpose to carry an MAD, weapons, sonobuoys and advanced-technology gear such as the FLIR (Forward-Looking Infra-Red) and the like, but lack proper range and sufficient room for the large crew needed for long patrol sorties.
Nevertheless, the US Navy for its P-8A Poseidon chose to drop the MAD for sonobuoys to detect submarines.
For those not conversant with submarine detection technologies, the MAD (as featured on the Atlantic) is a magnetic anomaly detector, that can detect large objects (metallic or… biological, such as whales!) that cause anomalies in the background natural magnetic field.
The archetypal system for submarine detection is SONAR, mostly installed on surface vessels, but also deployable from helicopters, that can lower the transducer in the water while hovering; search speed in this case is obviously low, but accuracy is greatly enhanced.
Finally, a hybrid class of sub-fighting aircraft including the P-72A, some Spanish CASA and French Falcon models, all derived from commercial models, that can only carry out their mission by launching sonobuoys and listening to their signal.

41° Stormo

The 41° Stormo Bombardamento Terrestre (BT) bomb group was activated July 17, 1939 in Reggio Emilia.
After seeing in action in the Mediterraneanand in North Africa, where it was awarded two Silver Medals, it was inactivated in 1943, after having been converted in an interceptor group.
The 41st Squadron was reactivated Oct. 1, 1965 at Catania Fontanarossa airport, as 41° Stormo Antisom (ASW), with 87th Gruppo Autonomo (Autonomous Group) based at Sigonella Air Base, and 88th Gruppo Antisom (ASW Group) based at Fontanarossa.
Both units flew the Grumman S2F-1 Tracker, a dedicated ASW platform.
On May 1st, 1971, the 41st Stormo is dedicated to Pilot Captain Athos Ammannato, CO of 235th Squadriglia, part of 60th Group of 41st Stormo, KIA on Feb. 20, 1941 while returning from a sortie over the Mediterranean Sea for which he was awarded the Gold Medal for Valor (in memoriam).
With the onset of the Atlantic Era in November, 1971, the 88th Gruppo relocates to Sigonella as well, a base fit to support the new type, that landed there on June 27, 1972.
On Aug. 31, 1978 the 87th Gruppo was deactivated, and within the same year the Stormo Headquarter was also moved to Sigonella.
From 1978 until Aug. 1, 2002, the organization of 41st Stormo remained constant, when on this date, due to the disbandment of 30th Stormo until then active in Cagliar Elmas, the 41st incorporates its personnel and aircraft becoming the Aeronautica Militare’s only long-range ASW unit.
On Dec. 1, 2003 the Stormo’s Maintenance Unit is converted into the 941st Gruppo Efficienza Aeromobili (GEA, for Aircraft Efficiency Group), and the 86th Gruppo is reactivated with the new description Centro Addestramento Equipaggi (CAE, for Crew Training Center).
On March 28, 2007 the Stormo War Flag is awarded the third Silver Medal; different from those awarded in 1940-41, this time in recognition of outstanding Civil Merit over 1990-2005 while providing escort to maritime traffic and for SAR activities for refugees and castaways in the Mediterranean.
By the end of 2013, the establishment of the Airport Headquarter at Sigonella decreed the transfer of all administration and logistics activities away from the 41st Stormo, which thereby could concentrate on flying the two Gruppi and maintaining their aircraft with the GEA.
The process for the acquisition of the P-72A was started in 2015 and completed one year later upon delivery of the first aircraft on Nov. 25, 2016.
The 41st Stormo is part of the Inspectorate for Naval Aviation, a department under the command of an Air Force General, but technically linked to the CinC of the Naval Group, a unique setup that sets the 41st apart from all other AMI Stormo’s.

Another 41st peculiarity is its interforce status: mixed crews of Air Force and Navy personnel fly aircraft assigned to the Air Force that are operated by the Navy.
Operationally, the 41st Wing features two Flight Groups (86th Gp., 88th Gp.), the GEA, Operations (run by Navy personnel), Wing Headquarters, while Administration and Technical/Logistic Services report to the local Airport Headquarter.
The Wing’s primary mission, carried out with the P-72A, is Sea Surveillance and SAR, while due to the aforementioned limitations ASW has now become secondary.
ISTAR-EW (Intelligence, Surveillance, Target Acquistion and Reconnaissance – Electronic Warfare) activity will be added in the near future, but the full spectrum of possible missions will only be finalized upon availability of the third and fourth P-72A.

Sigonella Air Base

The first landing strip in Sigonella dates back to World War 2.
In the early ‘50’s, the relocation to Sicily of US Navy ASW operations from Hal Far in Malta triggers the base’s first expansion.
With NATO endorsement, a temporary lease for the construction of air base infrastructure is granted on June 25, 1957.
Construction work for NAF 1, the logistics area, starts in 1958 and the following year the operations area (NAF 2) also becomes active, and the base is designated “United States Naval Air Facility (NAF) Sigonella”.
In 1965 the 41st Wing ASW is reactivated on the same Air Base.
In 1980 the base designation is changed to Naval Air Station (NAS).
The Sicilian airport makes the news in October 1985, when the hijacking of the Italian cruise ship Achille Lauro by a terrorist commando belonging to the Palestinian Liberation Front that degenerated in the murder of a US citizen triggered a diplomatic crisis between Italy and the US.
US Navy F-14’s managed to force the Egypt Air Boeing 737 that was transferring the terrorists from Egypt to Tunisia to land in Sigonella, but once on the ground a tense showdown between the Italian VAM (Vigilanza Aeronautica Militare) and the Carabinieri and the US Delta Force took place.
The picture depicting the VAM encircling the captive aircraft, surrounded by the Delta Force, surrounded in turn by the Carabinieri was front page news throughout the world.
The confrontation between Bettino Craxi (Italy’s Prime Minister) and Ronald Reagan (President of the USA) stays political and ends with the latter standing down.
Thanks to its strategic positioning, ever since first activation Sigonella has been used by several NATO countries during the numerous military operations over the Mediterranean and North Africa.
Sigonella airport is home not only to the NAS and to AMI’s 41st Wing, but also one of the largest depots of the Defense Logistics Agency (DLA), serving the US Sixth Fleet, and it also hosts several flight detachments on a rotational basis:
- US Navy: P-8A Poseidon and C-20A and C-26B transport/liaison
- USAF: MV 22B Osprey and MC 130J for Special Operations, and RQ-4 Global Hawk UAV (Unmanned Aerial Vehicle) for long-range surveillance.
Further Italian units are based in Sigonella:
- AMI’s 61st Flight Group, re-activated on July 10, 2017 flying the MQ1-C Predator UAV;
- Carabinieri’s Heliborne Squadron “Cacciatori Sicilia” (nickname: “the Red Berets”), a SpecOps elite unit formed May 13, 2017.

Breguet Br.1150 Atlantic

At the end of the 50’s NATO issues a RFP for a long-range patrol aircraft to replace the Lockheed P2V Neptunes and the Grumman S2F Trackers then in service with a few European Air Forces.
The Breguet Br.1150 design by the “Societé anonyme des ateliers d’aviation Louis Breguet” emerges as the winner.
At first, several countries are interested in the design, France, West Germany, Belgium Canada and the UK among others.
At a later stage, though, Canada and Belgium pull out of the program, while the UK carries on, albeit not as prospective user, but just as manufacturer of the Rolls-Royce Tyne engines.
The multinational consortium “Societé d‘Etude et de Construction de Breguet Atlantic” (SECBAT), is founded on Oct. 2, 1961, with Dornier and MTU Aero Engines from Germany, Fokker from the Netherlands, Sud Aviation, Snecma and Ratier from France, FN from Belgium and Hispano Suiza from Spain — one of the earliest examples of cooperation among European aerospace companies.
Final assembly is carried out at the Breguet plant in Toulouse (France).
First flight is achieved on Oct. 21, 1961; of the four prototypes built, the second is scrapped after a crash at Le Bourget airport (Feb. 25, 1962).
Initial orders were 20 aircraft for France, plus a second batch of 20 more, and 20 for West Germany.
The first aircraft for France was delivered on Dec. 10, 1965.
In 1968 the Netherlands purchase nine aircraft.
In the same year, exploiting the reopening of the manufacturing line, Italy joins in the consortium with an order for 18 aircraft.
All the aircraft of the second batch were delivered to the Netherlands and Italy between 1972 and 1974.
Three aircraft purchased by the Pakistani Navy in 1976 were selected among those already in service with the French Aéronavale.
The Atlantic is an aircraft of totally metallic construction, with a double-bubble cross-section fuselage, a cantilever mid wing, a single tail empennage, a tricycle twin-wheel landing gear, and two Rolls-Royce Tyne turboprop engines.
In order to carry out its sub-killer mission, the Atlantic sports a MAD (Magnetic Anomaly Detector), housed in the characteristic tail “sting”, active and passive sonobuoys, and is armed with air-launched torpedoes; it can also carry an air-launched lifeboat for SAR (Search and Rescue) missions.
Over the years, the Atlantic has undergone an update to the avionics suite: the ALCO (Aggiornamento Limitato Componente Operativa, or Partial Operational Components Update), that included an Inertial Navigation System by Litton, a Transponder, a GPS system, new V/UHF Multiband transmission apparatuses, Iguane radar update, an Identification Friend or Foe (IFF) system, a new ESM (Electronic Support Measures) suite and new acoustic sensors.

Witness Reports

North Pole Mission… “Calling Michele!”

“Hi, this is Slim calling!
Sorry for the time, but I felt it appropriate to warn you in advance!
I regret to inform you that I will not be able to attend your wedding!
Cmdr. Ivo Cirasa called me this morning, informing me that today (May 22) I must leave for the North Pole!!”
This is how this story begins!
The map was huge, encompassing the whole Scandinavian Peninsula up too the North Pole; before me stood the experts of the Navigation Room: Mario, Gino, Gaetano…
They had been laboring since a few days already and I observed them with infinite admiration, but now I was entangled too into that mess of data, maps, procedures, callsigns, dividers, and routes!!
We completed the planning for all the agreed legs, and after a few days’ work we were ready to depart.
The date was May 22, 1997, the time 0300, as we took off headed for Roma Ciampino military airport, where we landed one hour and thirty-five minutes later.
The Boss, Gen. Camporini, Inspector for Naval Aviation, the mastermind behind and the Commander of the North Pole mission, was awaiting us.
He met us in a room in the VIP area facing the large ramp where we had parked our Br.1150, callsign “06”.
We received a short briefing on the weather forecast along our planned route as we sipped a good coffee, and after completing our pre-flight checklist we took off again for Andoya.
The flight took 7 hours and 45 minutes, and at 2pm of the same day we landed in Norway, already within the Artic Polar Circle.
The Commanding Officer of Andoya AB (a Colonel) welcomed us and showed us to a briefing room where we he updated us on weather conditions for the following day, and shared a few tips on flight levels over the Pole icecap.
I handed our flight plan to a C.O.’s aide and after attending the Polar Survival briefing held by my Wing’s C.O., Lt. Col. Giulio Bernacchia, I got my flight plan back, with all due approvals by the Norwegian ATC authorities.
Finally we got to our rooms, for a refreshing shower!
After a walk in the streets of Andoya and a light dinner, it’s already bedtime!
The following morning, a scrumptious breakfast awaited us, together with some good news: professor Barbieri would be giving a lecture right at our hotel about General Umberto Nobile and his expedition to the North Pole on airship “Italia”!
It was a great leture! More than 200 slides covered airship design, quarrels with the Duce, and the transfer to the Svalbard Isles: the hangar that still stands there to this day is now a Museum to Nobile’s epic endeavor.
Then came the slides about the dramatic fight for survival on the pack by the survivors, sheltered by the world-renowned red tent: Gen. Nobile never forgot those that went missing:
I tried twice, but the inertial platforms failed to align: too much of a crosswind and too many crew moving on board; I turned to the Captain asking to please let everybody out to try once more!
A few minutes later I found myself alone confronting my two Litton 72’s for yet another alignment procedure; the wind had stopped and both inertial units’ status was progressing fine, so much so that after 13 minutes the “ready NAV” light blinked on!
Cool! I shouted “All aboard!”, oblivious of the brass in attendance!
“Top, APU bleed limiter engaged, direction of rotation: correct, 2,500 RPM, FUEL ON, engine rpm and temperature increasing.”
The TEV and the pilots were starting the engines of our Br.1150, coded 41-06 while me and Warrant Officer “Big Man” Di Sturco were inputting the NAV waypoints for the next few hours’ navigation.
There was a lot of action going on: the flightline personnel, after providing the final checks from the ramp, climbed aboard and pulled the crew door shut; after a final check of the TEV the airtight door was closed as the pilots were going through their post start-up checklist; as soon as the tower ATC granted permission for take-off over the radio, the pilot released the brakes while advancing the throttle, starting the “big grey bird” rolling until the waiting point.
As the “go” came in, we aligned for take-off, and while the tower recited our clearance for the North Pole (which was exactly as requested!) the pilots released the brakes again, brought the engines up to 14,500RPM and started our take-off roll; it was 7:20 PM.
After completing the instrumental exit procedure off Andoya airport, not surprisingly we headed straight north, climbing up to FL180.
Sounds smooth enough, right? Not quite….
“I-0121, you are not, repeat: NOT, cleared for overflight of the Svalbard Isles, turn right heading for spot…”: there you have the first glitch….
After checking a couple of maps we found the spot, laying 15 miles west of said Isles; Giuffrida inputted the coordinates and we banked right, leaving the amazing frozen Svalbards to our left.
We all manned the portholes and the navigator’s front cone, but the cloudy weather prevented us from seeing anything outside.
While the pilots and the navigator were focused on their job, Ciccio cooked us a dinner, filling the cabin of “06” of an irresistible aroma.
We wolfed our food regardless of the tension.
“Captain, 20 minutes to destination” I announced; back came a sharp “OK. Let’s dive!”
“Dive????” I thought.
And dive we did, spiraling down to 150 feet; it was 10:12PM on the pack, and if memory serves me well we were all plastered to the windows, trying to make out what we could not guess, but the compasses came to our aid, their needles spinning restlessly!
The inertial navigators were spinning as well, useless as well, since no coordinates were readable!
External temperature read 6° below zero and WE WERE FLYING AT 150FT!!
The white pack was rolling below us, we leveled our wings, straightened out and at 10:20pm an Italian flag materialized out of nowhere, mounted on a steel rod carrying the names of the mission’s crew.
Professor Barbieri broadcast a message that had been penned by Mrs. Nobile in memory of her husband and of the epic feat.
A cork flew and we celebrated on the spot!!
Come 10:30pm, somebody finally said “OK, let’s get back!”
The uneasy reply: “How? The compasses spin, and the inertial navigators can’t read a position!!”
“OK, the NAV said, let’s hold this heading for a few minutes!”
In the deafening silence, we looked at each other as we waited for a return heading; after a few more minutes, yours truly said: “Bank right some more, Captain!”
Had we been over the Gulf of Catania, someone would probably have asked the rationale for banking, but there and then nobody said a word, but everybody stared at me!
As I inputted the following waypoint, the dials indicated a further bank right and the compasses’ needles began steadying down: the coordinates looked convincing!
At 2:33 AM, as we overflew the grim spot where Gen. Nobile impacted the pack, losing part of his crew, we dropped a wreath in memory of the dead airmen.
Heading South now back to Andoya, where we landed the following morning at 6:10 AM after no less than 10hrs and 50mins of flight, exhausted and in a somber mood, with the thought of the men that lost their lives in that mission, trying to advance science.
1° WO RT/OV/IFA Gianni Bartolucci, 41° ASW Wing, Sigonella

It can happen twice

From the Grumman S2F to the Breguet Br. 1150 Atlantic

Nisida, morning of Oct. 20, 1960.
It’s the start of the academic year for the Cadet Pilots of Course Vulcano II.
The first few days pass by getting a regulation haircut, a new uniform, a start in military discipline, bunk management, running laps around the athletics track, and the initial engineering classes.
Colucci, Cennamo, Dedò are famous names of teachers that left their mark on whole generations of Air Force officers, today’s top ranks.
Never could I have guessed that Math Analysis, specifically “probability assessment”, that unduly drained master Professor Colucci’s time because of our scarce attention, would resurface in no less than two distinct moments in my flying career in Anti-Sub Warfare.
We will not bother our reader with academic theories and formulas; let’s just say that a specific event’s mathematical probability to occur twice over time in the same way is scarce.
Well, probability laws notwithstanding, this is exactly what happened to this author, as I am about to describe.

Catania-Fontanarossa, 88° ASW Sqdn., January 1966.

Lieutenant Catalano, recently assigned to the Squadron, and newly- appointed Combat Ready on the Grumman S2F Tracker, was dispatched on an Anti-Sub surveillance mission over the Strait of Sicily.
It was an actual operational mission, targeting enemy vessels, specifically a Soviet submarine that was finally located after more than three hours of flying.
Once it had been found with the radar, after an hour’s tracking with the MAD (Magnetic Anomaly Detector) and the help of a carpet of sonobuoys, while flying dangerously close to the loitering limit, it was handed over to a US Navy Neptune that had taken off from NAS Sigonella.
We had obviously been in luck that day, because it’s quite rare, bordering on suicidal, for a submarine to sail at periscope or snorkel depth in broad daylight. Nevertheless, the High Command commended my crew the “Bravo Zulu” award, equivalent to an A+ school grade.
Sigonella, 88° ASW Sqdn., October 1973.
The arrival of the new Breguet Br.1150 Atlantic ushered in a whole new era for the Italian Air force’s ASW units, both technology- and doctrine-wise.
The shift from short- to long-range forced a change from tactical to strategic employ.
The new aircraft enabled a quantum leap in state-of-the-art operational might for the 88th Sqdn., and the 41st Wing to which it belongs.
The increase in capabilities from the S2F to the Atlantic is akin to the one experienced by my fellow fighter pilots transitioning from the F-84 and the like to the F-104 Starfighter.
The leap was not just incremental, but quantum-like, due to the new the construction technologies, a state-of-the-art electronics suite, a new piloting technique entailing a new operational doctrine.
In the months leading up to the start of operations, scheduled for January 1st, 1974, Italian Navy General Staff began gradually assigning surveillance missions, both to maintain Combat Ready capabilities to just-qualified personnel and to address the peculiar international geopolitical situation of the time.
For Lt.Col. Catalano an identical episode to the one described above is in store.
“Once again with the 88th Sqdn. after having spent a few years as a Trainer on the S2F with the 87th Sqdn., I was assigned an actual operational mission as I had recently been appointed Combat Ready on the Atlantic.
We took off at 6 PM from Sigonella, with CC Cuzzola as 2nd Pilot, to find and track a Soviet sub not belonging to the Mediterranean Group and thought to be sailing between North Africa and Spain.
Estimated landing: 6 AM of the following day.
Right after take-off, something funny happened: Rome ATC urged us several times and despondently to check and rectify our ETA. Evidently, it was beyond them to admit that an ItAF aircraft could endure 12-hour missions!
When we finally confirmed our ETA, supplementing our reply with a short description of our type’s technical and flight characteristics, we got a very polite “Roger, please call back upon leaving operations area.”
An area that stretched from West of Sardinia to Gibraltar.
That would be our first actual strategic operational mission, we were very excited and ran our pre-flight checks with the peculiar zeal and awe of newbies (in a way: I had amassed more than 3,000 hrs in the S2F!).
All Straits witness intense traffic, but I was not prepared for the disciplined coming and going of so many ships, from supertankers to fishing boats to leisure boats that met us in Gibraltar that night!
This forced us to screen hosts of targets, especially at dusk, while flying at 1,500 feet, only getting as low as 100 feet by day, and 300 feet by night, as per regulations.
While my eyes and CC Cuzzola’s scanned the sea surface with a specific technique designed to prevent the onset of hypnosis, those of the Electronics Operators were glued to the radar and ESM screens to pick up the faintest submarine signal.
I can’t remember how many full-throttle dives we ran that night, but several times we found ourselves diving on a beautiful motoryacht sailing with no lights and generating an atypical echo, similar to that of a submarine’s periscope or snorkel.
The disappointment only increased our envy for the boat’s occupants, and lowered our restraint in dropping the expensive sonobuoys.
The hours went by without us noticing. Determination kept us awake more than the warm liquid a well-meaning Operator peddled us as coffee.
It was 3 AM when my gut feeling told me we were on to something.
I recalled the many occasions when we discovered Soviet subs sailing in formation (just a step below the surface!) with merchant ships of different nationalities to exploit the latters’ engines and propellers’ noise to mask their own.
“Umberto, I’m dropping a pair of sonobuoys anyway. If push comes to shove we will refund the Navy by month’s end! Agree?”
“Sure!” I said.
A new dive, at 300 feet and 250 knots, on top of a small radar target almost overlapping the yacht, with buoys 1 and 3 out.
It only took the short time to acquire a lock on the signal from the buoys #1 and #3 to know that victory was ours, because the sound that was being broadcast in turn by the two buoys was as exciting and overwhelming as Verdi’s Triumphal March from the AIDA!
It was indeed the typical noise generated by a submarine’s electrically-driven propeller.
The one that we had been searching for hours and that we couldn’t let escape!
All the adrenalin accumulated throughout the grueling search, a typical trait of us ASW pilots, was released instantly.
It was the M.O. we were forced to adopt: keeping our cool for hours on end, not letting the first, single piece of evidence trick us into betraying our presence and then, when time is right, baring our teeth to storm the prey with lucid determination.
ASW is indeed a struggle between two minds: the submarine Commander’s, perfectly aware of my tactics and of my equipment’s capabilities, versus the aircraft Commander’s, likewise conversant with the escape and avoidance techniques available to the opponent.
For this reason, luck aside, experience often makes the difference, by enabling non-standard decisions that ensure unpredictability.
Rigidly sticking to procedures can only lead to limited success.
Going back to that night’s mission, hunting for our old foe in our new aircraft, we leveraged the thousands of hours of night-time flying overwater and the skillful training received by our French instructors during the extensive time spent at Aéronavale’s base in Nimes, in Provence.
We specifically experienced the taste of things to come with the Jezebel, a device that was not present aboard the S2F, that could identify a submarine by its noise: we had just tracked a Soviet J Class boat, the dangerous kind!
Despite the 19 tons of fuel the Atlantic can carry, affording a theoretical 19-hour endurance, our time on task was nearing the end and we were about to prepare for the return leg, when the radio operator relayed an encrypted message from the Central Command informing us that our American counterpart would only relieve us with a two-hour delay due to technical reasons.
“Umberto, how much fuel left?”
“Six tons”
“Alright then, tell the Boss that we will stay on task two more hours tracking the sub, while we wait for “the American””
We then witnessed the starry night turn into dusk and then dawn, as we kept the MAD contact locked and the Julie system detonating (allowing for submarine tracking by way of measuring the echo of a controlled explosion in one of two buoys deployed; the time it takes for the explosion echo to be picked up by the buoy gives away the target’s position; multiple explosions tracked by different buoys make it possible to locate the boat accurately), together with the brand new Jezebel.
Seven years earlier, I commanded a tight quartet. This time around, I was directing a big 13-piece orchestra. It really made me feel like I was von Karajan!
This simple, perhaps vain thought, exemplifies the uniqueness I described earlier while discussing the transition from S2F to Atlantic.
We landed in Sigonella at 8 AM, marking 14 hours of live operational flight: a record that still stands.
But most of all, an extra “Bravo Zulu” from the High Command!
Just like any human being, aircraft have a beginning and an end too, and have an “expiry date”.
The Atlantic, thanks to its renowned sturdiness and to the loving care supplied by the flight and support personnel, has always enjoyed good “health”.
But forty years are to an aircraft what eighty are to a man, so the 40th Anniversary celebration in Sigonella of the first delivery to Italy has been both an emotional event for us veterans, but also a sombering reminder that the Atlantic is nearing the conclusion of its storied career in the Italian Ar Force’s ASW Units.
So here’s to you, dear “Starship”: thanks for the thrills, for you dependability, for your stimulating company… and for always bringing us back home!
ItAF General Francesco Catalano (Ret.), formerly Commander, 41th ASW Wing, Sigonella

A typical ASW Mission

For a typical ASW mission, the crew meets at the BOC (Base Ops Center) 2,5 hours before ETD, to go through the relevant information and to be briefed about the flight plan.
2 hours before the ETD, it’s time for the TACCO (TACtical Coordinator) to deliver his operational brief, covering the tactics to be employed for the search, acquisition, attack or tracking of the sub; it’s then the Pilot’s turn to deliver his brief on mission-relevant information, with specific attention to Flight Safety.
1 hour before ETD: all board.
ETD minus 45’: pre-flight checklist start.
Search area features, weather conditions and expected target behavior based on intelligence and type specifics (conventional subs need to resurface periodically to recharge their batteries, but when submerged they are quite silent thanks to their electric propulsion, while nuclear subs are practically invisible since they are perennially submerged, but they are distinctly noisier) enable us to develop hunting techniques that can be broadly divided in:
Conventional subs: Low Level (1,000-2,000 feet, 180knots), with radar used only sparingly and irregularly to increase the surprise factor and consequently the chances of discovery, and deployment of sonobuoys;
Nuclear subs: Mid Level (5,000 feet) to increase sonobuoy range and constant use of radar on a circular flight pattern, to account for practically nil chances of catching them on the surface.
Preparation for the attack is the same for both types of targets: alignment with target, radar on standby, descent to 300ft @250kts, radar on at 6 miles from target to confirm contact, in which case bomb bay open and attack checklist.
Tracking is also accomplished in the same way for both target types:
Sonobuoys are launched in concentric circles at 2k, 4k and 6k to use sonar for heading and ranging of the submerged sub; in case of need, a descent to 100ft @180kts on a leveled flight path will enable usage of the MAD to pinpoint the bogeys position, that will be marked with a smoke/flare while the TEV (Flight Engineer) awaits the Captain’s cue to drop an acoustic marker “bomblet” from the aft launcher to signal the “enemy” that this time they got away with it, but in a live situation they’d be fish fodder.
The crew is a functional team consisting of observers, buoy operators, attack planners, radar operator, unloaders, all coordinated by the TACCO and reporting to the Captain; their foremost skill consists in their ability to operate in full coordination, adapting to the evolving tactical situation with the sole purpose, common to all “hunters”, of bringing home some “venison”.
That’s why, when relieving a crew on station, we ask “Any luck?”, and get the proud answer “Wolf!” to indicate an enemy sub.
Some thoughts regarding pros and cons of selected onboard equipment:
Excellent sensors, a sound design and an extraordinary reliability have enabled us to consistently achieve outstanding results in NATO competitions with comparable peers, even when, taken individually, a sensor might have been technically inferior to a competitor’s; but overall, the whole system could compete and often prevail.
Nevertheless, and despite the updates to the search systems (radar, ESM, sonobuoys), over time it has become increasingly hard to keep up with the rapidly evolving technologies that have made possible the development of subs with ultra-low radar and sound signature, with improved underwater endurance.
This, coupled with the ending of the Cold War, entailed an evolution in Atlantic usage from pure ASW to include also surveillance, SAR, sea protection, migration control, infusing a new lease of life into the aircraft and the crews.
Sergeant Major Giuseppe Fiore, President, NCO Society, 41st ASW Wing, Sigonella

A Christmas unlike all others

It was 8 PM on a Christmas Eve like many others, and all was set to celebrate the Holy Night, enjoy a gourmet dinner and unpack the gifts with my family.
The telephone ring shatters this magical atmosphere: it’s the BOC at Sigonella, ordering us on duty at 3 AM sharp to depart for a SAR mission after a fishing vessel that had been missing for the past 24 hours.
I wolf my dinner, wear my flight dress, and rush to the car, obviously worried, but mostly anxious to successfully complete my mission.
As I reach the airport, the Captain tasks me with checking the fuel, the life rafts and all the equipment: as anticipated by the dispatcher, the search area is extensive, so a long mission is to be expected, and the Atlantic’s efficiency must be full.
The whole crew is eager to deliver, so off we go in high spirit, discounting tiredness and the thought of our families back home.
After 8 hours of flight over sea, finally we spot a fishing vessel, listing on a side and with a few sailors clinging to the mast, while others were lying on their back on the bouat’s side, motionless.
As they spot the Atlantic (or “the Good Father” as we call her) everybody starts to wave to signal their presence to us.
In the following hours, the SAR procedure we initiated and supported by tracking the castaways is completed with the arrival of the rescue boats.
Eleven hours have gone by, and Christmas is almost over, but nothing compares to the feeling of saving human lives, so we call this a satisfactory way of spending Christmas!
Sergeant Major Pietro Lombardo, 41st ASW Wing, Sigonella

Real-life operations or rescue missions are guaranteed to strike most readers’ hearts and provide them with a taste of the adrenalin that is released when an enemy sub is discovered or human lives are saved after spending hours clinging to a wreck in the cold sea.
Then there are the stories that show how a father and son can work together in an historic unit such as the 41st ASW Wing, handing the elder’s role over to the younger one: such is the case of Maresciallo 1st Class (NATO OR-9) Salvatore Reitano and his son Riccardo, 1st Luogotenente (NATO Senior OR-9).

Unexpected encounters

Many years ago, on a fine afternoon, we took off on a training mission during a NATO exercise. I have no recollection of a/c code or of fellow crew members.
We had succeeded in finding and tracking the sub playing enemy for us and just as we were about to overpass to complete the “on top” I spotted the snorkel of a second sub!
I relayed the information to the Captain, and he quickly adjusted course to pass on top of it and drop a smoke marker.
The uninvited guest quickly dove and disappeared underwater, while we were cleared by the OpCom to abandon the exercise and to get into full live ASW mode.
Aware of having been spotted, the intruding sub pulled all the tricks to evade and disappear again, and despite our quick reaction we lost him.
Obviously the clumsy intruder that was silently shadowing our exercise was not a scheduled participant, but non-NATO.
Maresciallo 1st Class Scelto Salvatore Reitano (Ret.), formerly with 41st ASW Wing at Sigonella

An unforgettable mission with the Atlantic

We had been tasked by OpsCom to fly a routine surveillance mission over the Mediterranean, calling for canvassing an assigned area while employing all sensors and systems aboard, including optical systems, i.e. observers.
The mission was progressing as expected, systematically acquiring, identifying and tracking surface targets with the customary accuracy.
About 6 hours into the mission, the radar operator flagged a weak radar contact, marking a small target, possibly associated with a small sailing or fishing boat, or a snorkel.
The Captain, following the TACCO’s advice immediately started pursuing the target along the radar and search operators’ indications; the target was difficult to track and very weak, but the radar operator managed to keep it within scope and managed to generate a pursuit solution.
The sea was choppy and dusk made visual identification difficult; the Captain levelled at the standard FL and speed for an intercept as I manned the front bubble staring at the sea trying to sight the target, by then less then two miles ahead of us.
I couldn’t see any surface targets during the inbound run until when directly on top of it, as I spotted something small and dark and dropped a Mk. 7 smoke marker and asked the Boss for a second pass.
I had had the faintest impression of spotting a man afloat on something very small, but I couldn’t be sure.
As the Pilot turned to overfly the target once again, the smoke grenade had gone off and was marking with passable accuracy the spot where I had seen the anomaly, while the radar couldn’t lock on to it anymore.
As we approached the “on top” from a different angle and in better light, I saw not just one, but two castaways, clinging to what appeared to be a piece of driftwood, so I promptly notified the crew, that immediately initiated the procedure for dropping the SAR raft.
As I strived to keep visual contact with the castaways, the crew obtained all necessary authorizations from Mission Control and prepared for the drop.
We made an additional pass to obtain accurate wind data in order to calculate the precise drop spot for the SAR kit, that was accomplished with surgical precision on the following run.
Strangely enough, neither castaway, clinging to what remained of their sunken boat’s stern, made any move to approach the multi-place life raft that by then was bobbing close to their position, eliciting worries about their condition: were they alive, senseless, or dead already?
As they remained motionless and concern grew aboard our aircraft, we alerted a merchant ship then sailing close by and vectored her to the rescue.
We kept circling on the spot for the next two hours, coordinating the rescue effort until the merchant ship finally took the two castaways aboard. Half an hour later, an Air Force helicopter that had taken off from Malta picked them up and delivered them to the hospital un that island.
We had reached our PLE, so we headed home, all the while wondering about the castaways’ health conditions.
As we landed, during the de-briefing session we were informed that the two were physically and emotionally drained and suffering from severe hypothermia, but alive.
That was music to our ears and we started embracing each other, satisfied that our efforts as Air Force and Navy crew had been rewarded with success, as two lives had been saved.
Preparation and training, coordination among crew members, determination and a shot of good luck had enabled our crew to beat the odds between life and death, reinforcing our pride in serving our homeland.
That was a mission aboard our Family Man, the venerable Breguet Br.1150 Atlantic, I will never forget.
PS: The two survivors later thanked us and explained that despite having been so exhausted as to not be able to neither abandon the driftwood to climb aboard the raft, nor to signal in any way, they will never forget the friendly whistle coming from the Atlantic’s engines, appearing out of the blue to embrace and save them.
1st Luogotenente Riccardo Reitano, 41st ASW Wing, Sigonella

The author would like to thank the Col. Francesco Frare, the 1° Maresciallo Carmelo Savoca
and all the personnelof the 41° Stormo 
Special thanks to the Col. Urbano Floreani, the Col. Davide Cipelletti, the Maj. Michele Seri
and the Maj. Stefano Testa (UCOM SMA Rome)  
Images and text by Giorgio Ciarini 
November 2017